Processo Parmalat: quei misteriosi 58 miliardi della Fincor
di Giuseppe Oddo
22 GENNAIO 2009
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Finanza&Potere
di Giuseppe Oddo
Il prestito in pool corrisposto a Parmalat nel 1989, l'anno prima che il gruppo approdasse a Piazza Affari, presentava una grave anomalia a giudizio di Piero Manaresi, il consulente tecnico della Procura di Parma che ha passato ai raggi x la quotazione indiretta in Borsa di Parmalat e la vicenda Eurolat, ossia la cessione a Parmalat delle attività lattiero-casearie della Cirio. Manaresi ha testimoniato oggi davanti ai giudici di Parma durante il processo principale per bancarotta fraudolenta che vede imputati Calisto Tanzi e gli amministratori della vecchia Parmalat. E ha in particolare richiamato l'attenzione della corte sul prestito da 58 miliardi di lire che fu organizzato dall'elvetica Fincor, la finanziaria zurighese fondata da Heinz Barandun, un ex manager di Citibank.
Manaresi ha spiegato che, a differenza del finanziamento da 120 miliardi di lire proveniente da alcune grandi banche italiane, quello della Fincor non fu assistito da alcun tipo di garanzia. Mentre gli istituti di credito pretesero, per quei 120 miliardi, il pegno sul 52,2% della Parmalat, Fincor non chiese nulla in cambio. Un comportamento alquanto sospetto. E' infatti inverosimile che gli investitori stranieri siano stati meno attenti di quelli italiani nella cura dei loro interessi; di solito, semmai, accade il contrario. A meno che quei 58 miliardi non provenissero da un fondo nero (ma questa è solo un'ipotesi). E' un peccato che la Procura di Parma non sia riuscita ad andare più a fondo di così sul ruolo della Fincor.
Manaresi ha inoltre dichiarato che la quotazione indiretta in Borsa, avvenuta nel 1990 attraverso la Finanziaria Centro Nord, fu una "licenza di uccidere" data a Parmalat che permise a Calisto Tanzi di ottenere la credibilità necessaria per andare sul mercato degli eurobond. In sostanza, senza il marchio della quotazione, Parmalat non avrebbe mai potuto emettere, a giudizio di Manaresi, tutta la massa dei prestiti obbligazionari che le avrebbe consentito di galleggiare nel dissesto per oltre dieci anni, fino alla fine del 2003.
E' curioso che il pubblico ministero abbia voluto dare così spazio alla consulenza tecnica di Manaresi dopo che il giudice per le udienze preliminari ha stabilito che il crack della Parmalat è stato visibile solo a partire dal 1993, tre anni dopo lo sbarco sul mercato. In realtà con questa mossa l'accusa punta a dimostrare le responsabilità degli amministratori non esecutivi della vecchia Parmalat, come l'ex presidente di Cariparma Luciano Silingardi.
Manaresi s'è inoltre scagliato contro il "patto di non concorrenza" che fu stipulato tra Parmalat e Bombril International in occasione della vendita di Eurolat al gruppo emiliano. Quel patto, nella realtà, fu un vero e proprio scippo ai danni degli azionisti della Cirio: un trucco per trasferire surrettiziamente 64 miliardi di lire nelle società personali di Sergio Cagnotti, che allora era a capo del gruppo agroalimentare divenuto insolvente nel novembre del 2002.
